I “Magi”: storia e fede
Sui Magi dell’Epifania si è scritto moltissimo e si scriverà ancora. Qui cerchiamo di chiarire alcuni punti della situazione. Il termine giusto è quello plurale Magi, perché il singolare “mago” indica tutt’altra realtà. I “Magi”, molto noti nell’antichità, erano membri della casta sacerdotale persiana, possedevano molte conoscenze, comprese quelle “occulte” come l’astrologia.
Erano molto religiosi e colti, particolarmente versati nell’astronomia cui abbinavano, come era uso allora, l’astrologia. Rimasero famosi per i loro calcoli e osservazioni astronomiche, con cui, nonostante i gli strumenti primitivi, riuscirono a prevedere con gran precisione i moti dei pianeti, allora chiamati stelle, e i tempi delle eclissi. La loro astrologia non era superstiziosa come quella di oggi o di altre religioni, ma aveva un significato religioso, relativo allo zoroastrismo.
È difficile identificare esattamente le regioni da cui vennero, perché l’indicazione “oriente”, nella Bibbia, indicava una zona vastissima. Essa includeva i paesi a oriente dell’Eufrate, Babilonia e i suoi dintorni e l’Arabia, attraversata dalle vie carovaniere fino alla Palestina.
Le indicazioni dell’Antico Testamento consentono l’una o l’altra di tali identificazioni, seguite anche da diversi Padri antichi della Chiesa. I nomi: Caldea, Persia, Arabia, Madian, Efa, Saba ecc., ricorrono sovente nella Bibbia, come pure i prodotti di quei paesi che i Magi portarono come doni a Gesù: oro e balsami pregiati come incenso e mirra.
Ai testi sacri, però, questi problemi non interessano, poiché intendono sottolineare l’avverarsi delle antiche promesse e profezie espresse dai Salmi e dai Profeti. Il Vangelo di Matteo, quindi, indica solo il fatto della salvezza portata a tutte le genti, ossia tutti i popoli del mondo, compresi gli stranieri e i più lontani, che avrebbero riconosciuto il Salvatore universale dell’umanità e gli sarebbero andati incontro.
È questo il messaggio autentico e profondo che presentano. Tale messaggio è spirituale e salvifico e la Chiesa lo ha sempre compreso e professato in tutta la sua pienezza. Tutto il resto: numero, nomi e altri dettagli sui Magi, non è affatto indicato nei Vangeli, poiché si tratta solo di fantasie popolari che non riguardano per nulla le realtà e le verità espresse dalla fede.
Il valore della storia dei Magi, quindi, è soprattutto teologico: presenta Gesù, il re dei Giudei che è riconosciuto dai pagani, ma non dal suo popolo. Quanto alla stella, la descrizione dei Magi a Betlemme si serve dei più significativi testi della Bibbia. Le stelle sono create dal Signore, che ne fissa il numero e le chiama per nome (Sal 147, 4). A loro volta le stelle gli rispondono, lodandolo e glorificandolo (Sal 148,3).
Non fa meraviglia, quindi, che in tempi antichissimi, una stella sia stata indicata da Balaam, un veggente di Petor, località presso l’Eufrate o sulle montagne del vicino Oriente, comunque nelle terre dei Magi. Ai tempi dell’ingresso d’Israele nella terra promessa, Balaam fu chiamato a maledire Israele. Invece, suo malgrado, il Signore gli fece pronunziare una benedizione, insieme a una delle profezie più antiche e conosciute.
Essa riguarda il futuro Messia e Re dei Giudei: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe, e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17). Questi elementi, riferiti ai Magi, esprimono non tanto un fenomeno astronomico, ma segni religiosi e profetici della profezia, anche da loro conosciuta, e interpretata anche con l’aiuto dei loro culti astrali e astrologici, mesopotamici.
Quando apparve il Messia, scettro di Giuda, apparve anche la stella di Giacobbe o di Betlemme. Essa divenne visibile a tutti coloro ai quali il Signore la voleva rivelare. Anche i Magi, quindi, poterono esserne illuminati e guidati. Decisero, perciò, d’intraprendere il lungo, faticoso e pericoloso viaggio di fede. La stella li guidò, prima fino a Gerusalemme, poi fino a Betlemme, dove poterono vedere il Signore Gesù, lo adorarono e gli offrirono i loro doni. Fu così che provarono la gioia immensa della sua venuta fra noi, che portarono alle loro genti e alle loro terre.
Gualberto Gismondi