Quaresima 1Quaresima: penitenza e conversione nel Nuovo Testamento

Luca ha riassunto il messaggio profetico della penitenza-conversione in tutta la sua purezza e attualità per tutti i tempi, nella missione del precursore: “ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio” (Lc 1,16).

Gesù non si limita a proclamare “convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”, ma realizza ciò con grande potenza. Egli ha in sé il potere di rimettere i peccati (Mt 9,6) e combatte tutte le pretese di sufficienza umana e attaccamento a ogni forma di ricchezza.

Gesù esige la conversione del cuore, che fa ridiventare bambini, lo sforzo continuo di ricerca del regno di Dio e della sua giustizia. Il suo annuncio della gioia in cielo per ogni peccatore pentito provoca gioiose conversioni nei peccatori e reazioni negative nei farisei e negli scribi.

Dopo la sua risurrezione Gesù invia i suoi apostoli a tutte le nazioni, ad annunziare il vangelo del Regno e la conversione per la remissione dei peccati.

I Giudei dovranno ravvedersi per un radicale cambiamento morale fondato su di un atto esplicito e positivo di fede in Gesù, il Messia o Cristo.

Le nazioni pagane oltre al ravvedimento morale devono distaccarsi, “volgere le spalle” ai loro idoli, per volgersi a riconoscere il volto del vero unico Dio, il Dio vivente, Creatore del cielo e della terra e Padre di tutti gli uomini.

Di qui la necessità del sacramento del battesimo e poi del sacramento della penitenza o confessione, come prolungamento della conversione battesimale.

Israele si è indurito al tempo di Cristo e di fronte alla predicazione deli Apostoli. Le Nazioni, ossia gli altri popoli, si ostinano a non vedere in Cristo il Signore, Salvatore e Redentore dell’umanità.

Quanti resistono anziché pentirsi e rendergli gloria (Ap 16,9.11) s’induriranno nell’impenitenza (Ap 9,20). Quanti credono, invece, mediante la loro fede in Cristo e la conversione continua nei loro comportamenti si salveranno da ogni “generazione perversa” (At 2,40).

La conversione garantita dal sigillo del battesimo si compie una sola volta per sempre. Anche i battezzati, tuttavia, sono soggetti a ricadere nelle loro colpe e nei loro peccati. La Chiesa, fin dai tempi apostolici ne ha fatto la dolorosa esperienza.

Il ravvedimento e la conversione, quindi, sono sempre necessari se si vuole ritornare nella salvezza. Il sacramento della conversione e penitenza ha quindi il suo posto nella vita cristiana e nella chiesa come prolungamento e rinnovamento della conversione battesimale.

Paolo VI sottolineò che nella vita della Chiesa, in ogni tempo, la conversione-penitenza-metànoia è quell’intimo e radicale cambiamento per effetto del quale l’uomo comincia a pensare, giudicare e riordinare tutta la propria vita per l’impulso di quella grazia divina, ossia che nasce da Dio e porta i noi tutta la sua santità, bontà e salvezza.

Gualberto Gismondi

Quaresima: che cosa ci dice il rito delle ceneri?

 

La quaresima inizia con un rito bello, suggestivo, antichissimo, molto caro ai fedeli: le ceneri. In molte religioni la cenere esprime alcuni significati essenziali.

In genere, indica esteriormente: il lutto, il dolore e il pentimento interiore.

Indica anche la caducità della vita, poiché basta un piccolo soffio di vento per far volare via tutta la cenere. In tali casi è segno di qualcosa che prima c’era e ora non c’è più.

Nei riti sacrificali può anche assumere un carattere sacro, che conferisce purificazione e forza.

Nell’Antico Testamento esprime sovente il senso del peccato e della fragilità dell’uomo. In certi casi indica la condizione del peccatore, con frasi come: il cuore del peccatore è come cenere (Is 44,20); l’idolatra ama la cenere (Sap 15,10); la sua vita è peggio che cenere, la ricompensa del peccato è la cenere (Ez 28,18); i malvagi saranno ridotti in cenere (Ml 3,21) ecc.

Coprirsi di cenere è un segno pubblico per riconoscersi fragili e peccatori. Quanti lo compiono si attirano la misericordia e il perdono del Signore.

Per promettere che il Messia trionferà sul male e sulla morte, Dio dice che invece di cenere poserà sul capo dei suoi fedeli un diadema o una corona preziosa ((Is 61,2).

Nella fede d’Israele i significati della cenere si sommano fra loro, unendo il lutto, il dolore e l’umiliazione per le proprie colpe, alla coscienza della propria debolezza e fragilità e al pentimento, ma anche alla volontà di conversione e di purificazione.

Un’altra serie di significati si riferisce alla polvere della terra, per ricordare all’uomo la fugacità sua, del tempo e il suo ritorno alla terra. Questo lo invita a non lasciarsi inorgoglire, ma anche a cercare sempre più ciò che non è fugace ma eterno, ossia la parte fondamentale del suo essere e della sua vita.

Le ceneri della Quaresima cristiana assumono molti di questi significati, ma li superano. Esse, infatti sono ottenute bruciando le palme e i rami di ulivo della precedente Domenica delle Palme. Erano stati usati per glorificare Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme, da una folla che pochi giorni dopo avrebbe gridato a Pilato “Crocifiggilo, crocifiggilo”.

Anche questo ricorda la volubilità, la fragilità e l’incostanza del cuore umano, che lo porta dalla gloria alla dimenticanza e al disprezzo. Dio, invece, ci porta dalla morte alla risurrezione, dal peccato alla santità.

Nella liturgia delle ceneri si invoca la benedizione del Padre su quanti ricevono il simbolo delle ceneri “perché attraverso l’itinerario spirituale della Quaresima giungano completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del suo Figlio.

Nel segnare la fronte dei fedeli con le ceneri, la Chiesa ricorre a due formule. Una, più austera e ammonitrice, ricorda al fedele che è polvere e in polvere ritornerà. L’altra, più evangelica e incoraggiante, lo invita a convertirsi e credere al Vangelo. Lo scopo di entrambe è di fare uniformare la nostra vita a quella del Signore Risorto.

Gualberto Gismondi

quaresima 2018Quaresima: penitenza e conversione nell’Antico Testamento

Si sta avvicinando la Quaresima ossia un tempo forte, definito penitenziale.

Già nell’Antico Testamento e nel corso del tempo il termine penitenza ha rivestito diversi significati. Per chiarirli, ricordiamo che nella Scrittura, il termine più significativo è “pentimento”, che comprende diversi aspetti.

Fra questi è fondamentale quello di cambiamento. Tali cambiamenti riguardano: la mente, il cuore, gli atteggiamenti, i comportamenti, le intenzioni, le disposizioni ecc. Come si vede, essi riguardano le componenti e i compiti più importanti della persona.

Inoltre, tutti devono essere ispirati dal rincrescimento e mossi dal dolore per i propri peccati e quelli del popolo. Il pentimento, inoltre, deve essere sempre unito alla volontà di conversione, che ne fa parte.

La conversione è l’atteggiamento col quale l’uomo si orienta decisamente verso Dio. La Bibbia indica questo fatto con espressioni come: “cercare Dio”, “cercare il volto di Dio”, “fissare il cuore in Dio”, “umiliarsi di fronte a Dio” ecc. Al riguardo, ricorre più volte il termine “sûb”, che vuol dire: ritornare, cambiare strada, invertire il cammino.

Una parola che lo traduce bene è “convergere”. Si converge verso Dio, contrariamente al peccato che fa “divergere” ossia allontanare da Dio. Si volgono le spalle al male e al peccato, per volgersi al volto di Dio e camminare verso di lui e con lui.

Questo è l’aspetto centrale della conversione, che attua il cambiamento dei propri modi di pensare, sentire, agire nella propria condotta pratica e in tutto il comportamento.

Il livello interiore più profondo della conversione è la metànoia che unisce insieme: cambiamento, pentimento, conversione e penitenza. Ecco, quindi, la vera penitenza, nel suo senso più autentico.

Nell’Antico Testamento, tuttavia, pur indicando ciò, essa assunse un significato ristretto, indicando le pratiche penitenziali come: digiunare (Giud 20,26), vestirsi di sacco (1Re 20,31; Is, 22-12) stendersi sulla cenere (Is 58,5), far sacrifici (Num 16,6,15) ecc. I limiti e i pericoli di tali aspetti furono l’esteriorità e la superficialità.

Dio, perciò, mandava i suoi profeti a ricordare che la vera penitenza è sincera conversione interiore, ispirata dall’amore a Dio e al conoscere e compiere la sua volontà. Senza questo, le pratiche penitenziali esteriori non proteggono dall’indurimento del cuore.

Le vere opere dell’autentico convertirsi e pentirsi, quindi, risiedono nel cercare la giustizia di Dio e soccorrere con amore il proprio prossimo in tutte le sue necessità.

La Bibbia indica, in particolare: oppressi, poveri, vedove, orfani, malati, perseguitati, prigionieri e forestieri.

Quest’amore è la garanzia di un cuore veramente contrito, che prepara la strada a Dio mediante la piena attuazione della sua volontà. Tutto ciò si svolge in un’atmosfera che è fatta di attesa e d’impegno, vissuti con gioia e speranza, rispondendo all’invito: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 3,2).

Gualberto Gismondi